Restituire alle persone affette da fenilchetonuria (PKU) il piacere di pranzare al ristorante senza essere costretti a scegliere fra “un’insalata o un piatto di verdure grigliate” o a dover programmare e organizzare l’uscita, evitare insomma che un momento conviviale rischi di trasformarsi in motivo di disagio, ma anche fare cultura, promuovendo fra i ristoratori – e più in generale nella popolazione – la conoscenza di questa malattia genetica.
Questi gli obiettivi di PKUISINE®, La cucina PKU friendly un progetto unico nel suo genere che si propone di creare una rete di ristoranti PKU friendly in grado di offrire la possibilità di consumare un pasto in tutta tranquillità e sicurezza alle persone con PKU, una rara malattia genetica che comunque nel nostro Paese colpisce all’incirca un bambino ogni 3000 nati vivi.
“La fenilchetonuria – spiega la dr.ssa Elvira Verduci, Pediatra – è un difetto congenito del metabolismo causato da mutazioni del gene codificante per l’enzima epatico fenilalanina idrossilasi, deputato alla conversione dell’amminoacido essenziale fenilalanina in tirosina. La ridotta o nulla attività dell’enzima causa l’accumulo dell’amminoacido e dei suoi metaboliti nel sangue e nel cervello, risultando tossico per il sistema nervoso centrale”. Se non viene corretta fin dalla nascita questa condizione determina la comparsa di severi danni neurologici. “L’accumulo dell’amminoacido nel sangue e nel cervello è associato a deterioramento intellettivo progressivo e a una serie di sintomi addizionali, che possono includere rush eczematoso, autismo, crisi epilettiche e deficit motori – prosegue la pediatra – con la crescita del bambino spesso compaiono anche problemi nello sviluppo, disturbi comportamentali e sintomi psichiatrici”.
Unico modo per prevenire queste complicazioni è il ricorso alla dieta. “Obiettivo della dieta è mantenere i livelli di fenilanina nel sangue intorno ai valori normali con un intervento che si fonda su tre principi fondamentali – ricorda la dr.ssa Fina Belli, dietista con una decennale esperienza sul campo -: abolizione delle proteine naturali, utilizzo di alimenti a fini medici speciali e integrazioni dell’apporto proteico con miscele di amminoacidi. Si tratta perciò di limitare l’apporto degli alimenti a più alto contenuto proteico, in primo luogo i prodotti di origine animale, i cereali, i legumi e la frutta da guscio e di integrare la dieta con gli alimenti aproteici a fini medici speciali quali pasta, pane, biscotti e così via. Contemporaneamente è necessario garantire l’apporto proteico che serve al bambino per una crescita regolare e all’adulto per riparare i tessuti e per il suo fabbisogno metabolico. Per questo si ricorre a miscele appositamente studiate di amminoacidi prive di fenilalanina e integrate di vitamine e sali minerali”. Grazie a questa dieta è possibile garantire al bambino uno sviluppo assolutamente normale. Trattandosi di una malattia dovuta a un difetto genetico la dieta deve essere proseguita per tutta la vita in quanto una sua interruzione prolungata può provocare manifestazioni anche in età adulta. Ma seguire una dieta così rigorosa per tutta la vita non è sempre facile.
“Quando si trovano a mangiare fuori casa le persone con PKU sono sempre in difficoltà, a qualsiasi età – conferma Niko Costantino, paziente e rappresentante dell’Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie ODV -. Nel caso dei bambini sono in genere i genitori a portare gli alimenti aproteici per i propri figli, per esempio le basi per pizza aproteiche, mentre l’adulto tende generalmente a regolarsi con quello che c’è nel ristorante. Il che significa che il più delle volte finisce col mangiare un piatto di verdure. Vale anche la pena sottolineare che queste difficoltà possono contribuire a mettere a rischio la gestione della terapia dietetica con conseguente minore compliance alla dieta nell’età adulta”.
Ed è proprio a queste esigenze, a queste difficoltà, che cerca di dare una risposta la campagna “Aggiungi un posto a tavola – Il piacere di mangiare fuori casa in sicurezza” con il progetto PKUISINE®, La cucina PKU friendly. Il progetto è stato reso possibile grazie al contributo di Medifood (divisione di PIAM Farmaceutici SpA, azienda italiana da sempre impegnata nella lotta alle malattie metaboliche ereditarie rare) con il supporto incondizionato di: FIPE (Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi), Associazioni Pazienti (AMEGEP Domenico Campanella, AISMME, IRIS Sicilia, Cometa ASMME, COMETA Emilia-Romagna, AMMEC, APMMC), Società Scientifiche (SIMMESN) e un Board di 10 specialisti (composto Dietisti, Pediatri e una Neuropsichiatra).
In pratica, gli esercizi partecipanti al progetto inseriranno nel loro menù alcuni piatti realizzati secondo ricette che includono alimenti aproteici facilmente gestibili dal singolo ristoratore. In questo modo si ambisce a rendere un numero via via crescente di ristoranti un luogo di facile accesso per le persone con PKU, un luogo in cui trovare una proposta culinaria adatta alle esigenze dettate dalla malattia. Un importante contributo al progetto è venuto dallo chef Maurizio Fantinato che ha validato le ricette elaborate dal comitato scientifico. “La parte teorica è stata preparata molto bene dai tecnici – afferma lo chef – io ho adattato le ricette a una cucina professionale. Devo dire che corrispondono molto bene non solo alle esigenze di chi ha questa patologia, ma anche al mercato dei ristoratori. Si tratta infatti di ricette semplici e facilmente comprensibili, grazie anche al Ricettario di facile lettura”. E che offre una buona varietà di ricette. “Si trovano addirittura delle ricette che possono variare – prosegue Fantinato – e che, con un po’ di fantasia, si possono scomporre e ricomporre a proprio piacimento, consentendo un lavoro molto interessante!”.
Le persone con PKU avranno la possibilità di geolocalizzare i ristoranti aderenti all’iniziativa, oltre che individuarli grazie alle vetrofanie applicate sulle vetrine. Inoltre, l’elenco di tutti i ristoranti si troverà inserito nel sito di PKUISINE® al quale le persone con PKU avranno anche la possibilità di segnalare un ristorante per invitarlo ad aderire al progetto.
Il progetto è stato reso possibile grazie alla sensibilità di PIAM, un’azienda da sempre impegnata a rispondere alle esigenze di persone con malattie metaboliche. “Per PIAM i pazienti sono prima di tutto persone, ed è per loro che siamo lieti di aver reso concreto questo progetto. Nato dalla vicinanza a tutti gli operatori, a partire dai Clinici e Pazienti, e dall’ascolto del loro bisogno di inclusione e riconoscimento, intende poter offrire normali momenti di socialità. Confidiamo che questo sia solo il primo di successivi importanti obiettivi per la nascita di un network che passi attraverso la ristorazione di qualità, più attenta alle esigenze specifiche dei consumatori. Insieme puntiamo a diffondere, tra le persone con PKU, consapevolezza e conoscenza sul come superare i limiti, talvolta anche solo psicologici, imposti da patologie per le quali ci sono adeguate terapie, che pur non essendo risolutive, possono migliorare la qualità di vita”, è il commento del dr. Andrea Maini, Ceo PIAM.