Claudia Carrozzi è una bartender di primissimo livello che ormai da qualche tempo lavora a Londra. L’abbiamo intervistata cercando di carpire alcuni suoi segreti, le sue prime esperienze e il sapore dei suoi cocktail.
Claudia, quando è cominciata la tua passione per il bar e la miscelazione?
Quando ero bambina ogni volta che passavo davanti un bar ero molto affascinata da quella presenza “più alta di tutti”, in pedana dietro il bancone, ero troppo bassa per vedere cosa c’era dietro e questo mi incuriosiva ancora di più… i miei genitori dicono che dall’età di quattro anni giocavo “al bar” usando la mia tavola da stiro e raccogliendo le bottiglie per tutta casa… quello era il mio passatempo mentre tutti erano a tavola… acqua per tutti! Sono poi arrivata a 15 anni e finalmente avevo l’età per lavorare, la mamma mi ha insegnato ed aiutato a cercare il mio primo lavoro stagionale al bar. All’inizio non sembrava che avessi molte opportunità vista la mia tenera età, ma poi la fortuna mi ha baciato ed ho avuto il mio primo lavoro stagionale al Bar Gelateria Barth, a Marina di Grosseto, quello è stato un amore a prima vista!
Parlaci un po’ delle tue prime esperienze…
Durante la mia prima stagione estiva mi occupavo delle pulizie del locale, delle consegne e della preparazione dei caffè. Ero la persona più felice al mondo, ma la mia maglietta bianca era sempre coperta di caffè, non riuscivo a tenerla pulita e la responsabile me lo faceva notare tutti i giorni! Ma ero diventata incredibilmente veloce nel servizio ed un maestro a ricordare tutte le richieste dei vari espressi… mi amavano per questo (o magari mi lodavano visto la mia faccia da bambina… chissà…)! La seconda stagione facevo i turni serali, i miei genitori mi accompagnavano sempre a lavoro perché ero ancora troppo piccola per tornare tardi da sola, li ho imparato a fare il servizio ai tavoli e ad usare il vassoio… non nascondo che le prime volte ho fatto qualche disastro con quei vassoi! La mia prima esperienza lavorativa mi ha indirizzata nella scelta della scuola alberghiera, dove mi sentivo molto avvantaggiata nonostante la poca esperienza lavorativa che avevo, diverse cose che studiavamo a scuola le avevo già imparate a lavoro! Durante l’inverno facevo gli extra nei bar, ristoranti e alberghi di Grosseto, ricordo ancora il primo minestrone che ho servito, che purtroppo non è mai arrivato al tavolo… si è fermato nei jeans del cliente! Oppure della prima divisa con la gonna e i tacchi che dovevo portare in sala all’“Hotel Andana” 5 stelle a Castiglione della Pescaia; che dolore ai piedi, era il primo tailler da donna che portavo, mi sentivo un pesce fuor d’acqua!
Non scorderò mai le mie esperienze all’“Hotel Granduca” 4 stelle in Grosseto, ero la cameriera extra, ma praticamente lì quasi tutte le sere, a scuola i miei insegnanti non erano affatto contenti, ma io ci andavo comunque! Il Mâitre Hotel mi ha cresciuto in sala: ho imparato molto da lui, a quei tempi facevamo piatti flambè in sala e sfilettavamo i pesci al tavolo, peccato che ora non va più di moda! Nonostante le mie gaff da principiante, sono andata avanti e mi sono innamorata del mio lavoro sempre di più e alla fine del secondo anno alberghiero ho fatto domanda per entrare all’ Hotel il Pellicano 5 stelle L sul Monte Argentario a Porto Ercole, (allora parte della Relaix & Chateaux group) ricordo che ancora una volta i miei genitori mi accompagnarono al colloquio, li trovai una battaglia da affrontare: il Bar manager (di vecchia scuola) mi disse che quel lavoro era per un uomo ed io ero troppo piccola e fragile, riuscii a strappargli un’ opportunità, una specie di sfida: promisi di fare del mio meglio e lui mi mise a dura prova. La prima stagione facevo sempre il turno spezzato, pulizie, carichi del bar, e ho dovuto imparare i menù sia in italiano che in inglese… io ad inglese ero proprio una frana! Il secondo anno avevo sempre le stesse mansioni ma potevo fare anche un poco più di servizio e lì ho fatto il mio primo Dry Martini, la terza stagione ero la regina, turno serale… solo servizio e chiusura… avevo provato le mie capacità ed avevo raggiunto la miglior posizione per un Commis de Bar… anche se non scorderò mai i cocktails che mi sono volati dal vassoio su un maglione cashmir bianco di un ospite, c’era molto vento in terrazza, e tutto ciò successe davanti alla direttrice e al proprietario dell’ albergo. Tutti capirono che era colpa del vento settembrino, e il capo barman fece finta di farmi una partaccia, solo perché c’era la direttrice… già mi avevano fatto capire che al bar c’era tanta psicologia e teatro! Che imbarazzo e dopo che risate! La mia esperienza in quell’albergo si è interrotta l’anno della mia maturità con la mia partenza dopo tre mesi per l’Inghilterra. Devo dire che “Il Pellicano” ha veramente segnato la mia vita e con alcuni membri dello staff di quei tempi ci incontriamo ancora.
Quali sono stati, se ci sono, i professionisti che ti hanno insegnato molto, che hanno segnato la tua carriera?
Ad ogni step della mia carriera ho avuto dei mentori che mi hanno ispirato, capito e seguita, le persone che mi hanno fatto innamorare perdutamente del bartending sono Paolo e Stefano Stoppa, ho conosciuto Paolo, Consigliere Nazionale AIBES in occasione della mia prima gara, in seconda superiore, “sfida a bicchieri di Negroni” dove mi qualificai seconda, e per coincidenza lavoravo con Stefano, suo fratello, il capo barman dell’ Hotel Il Pellicano. Avevo preso la loro professionalità come esempio ed io volevo diventare come loro! Il professore di Sala Matteo Bertelli dell’Istituto Alberghiero L. Einaudi di Grosseto (oggi Istituto Leopoldo II di Lorena), è stato l’unico in tutta la mia carriera scolastica che mi ha dato un 10, era una ricerca sul formaggio e li ho capito che amavo scrivere e ricercare, e penso che è per questo che ho coltivato la mia passione per la scrittura. Come dicevo prima, il Mâitre Giuliano Belli dell’Hotel Granduca mi ha insegnato e fatto innamorare del Servizio di Sala e Dina Hazane Restaurant Manager, al Bear Hotel in Woodstock (Oxford) nel 2010, ha intercettato la mia passione per il Training, mi ha fatto fare dei corsi professionali interni “train the trainer” e poi mi ha promosso come Bar & Restaurant Supervisor & Departimental Trainer. Queste persone hanno creato la mia conoscenza e passione per i ruoli che copro adesso.