Cristina Scocchia, Amministratore Delegato di illycaffè, a margine del suo intervento oggi al Meeting di Rimini, dichiara:
“L’Europa deve andare avanti nel processo di integrazione e nella messa in comune di risorse per grandi investimenti strategici, dall’autosufficienza energetica alla difesa comune, all’innovazione deep tech e digitale. Urge un piano industriale, un industrial deal, che l’Europa non ha mai avuto. Urge una strategia per la leadership nelle nuove tecnologie (nel digitale solo 4 dei primi 50 player al mondo sono europei) e in quelle tradizionali. Se le imprese UE tradizionali non riescono a competere è anche perché altrove i costi energetici sono più bassi, gli oneri normativi sono inferiori e spesso le sovvenzioni statali sono ingenti. Infine, per competere con le economie americana e cinese, le dimensioni aziendali sono fondamentali. L’EU ha bisogno di campioni nei settori chiave (oggi l’80% dell’occupazione e il 50% del PIL europeo è generato dalle PMI).
Infatti, alcune delle condizioni che hanno consentito ai paesi europei di crescere negli ultimi vent’anni (l’apertura dei mercati internazionali con la possibilità di esportare liberamente nelle economie emergenti dell’Asia, l’energia a basso costo dal mercato russo, la spesa per la difesa legata agli Stati Uniti) sono state messe in discussione dal nuovo contesto geopolitico. In più l’Europa sembra essere rimasta indietro in tutte le tecnologie del futuro, a partire dall’intelligenza artificiale. Anche perché queste tecnologie richiedono enormi investimenti e lo sfruttamento di economie di scala che le imprese europee mediamente piccole rispetto ai colossi cinesi e americani non sono in grado di sostenere. Il rischio è quello di vedere allungarsi ulteriormente la differenza rispetto agli Stati Uniti in termini di produttività e dunque di reddito.
L’economia globale ha iniziato a ravvivarsi e l’OCSE prevede una crescita del PIL globale pari al 3,1% nel 2024. L’impatto delle condizioni monetarie più rigide continua, tuttavia, l’attività globale si sta dimostrando resiliente, l’inflazione sta diminuendo più rapidamente di quanto previsto, la fiducia del settore privato si è stabilizzata e la disoccupazione è scesa ai minimi record, in molti Paesi tra cui il nostro dove i redditi reali hanno iniziato a crescere. Ovviamente, gli sviluppi continuano ad essere differenti da Paese a Paese con risultati purtroppo più deboli in Europa.
La frammentazione economica globale e il ritorno al protezionismo hanno conseguenze particolarmente rilevanti per l’area euro. Area il cui peso sull’economia mondiale è sceso negli ultimi 20 anni dal 26% al 18%, mentre quello degli Stati Uniti è pressoché invariato, al 26%, e quello della Cina è quadruplicato al 17%. Nel 2050 l’economia europea varrà solo 14% di quella globale.
In questo contesto, la sfida che si trova a fronteggiare l’Italia si chiama debito, una zavorra che ci costringe ogni anno ad impegnare risorse pubbliche considerevoli per pagare interessi. Serve un piano credibile per ridurre il debito pubblico attraverso la crescita, la riduzione delle inefficienze e dell’evasione fiscale, serve gestire in modo strategico l’immigrazione per far fronte alla diminuzione della forza lavoro e investire in tecnologia per migliorare la produttività. Nella prossima manovra saranno necessarie scelte attente soprattutto dal lato della spesa al fine di riorientarne la composizione in favore dello sviluppo, eliminando le inefficienze”.