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Diego Galdino: un barista diventato scrittore

Diego Galdino

Diego Galdino è un barista romano che ogni mattina serve caffè ai suoi clienti. Da qualche anno ha però intrapreso anche la carriera di scrittore, e con successo. In questa intervista abbiamo parlato del bar e dei suoi libri. Scopriamo cosa ci ha detto Diego Galdino.

Diego Galdino, iniziamo un po’ a parlare della tua attività come barista. Come e quando hai iniziato? Cosa ti ha appassionato dal primo momento?
Si può dire che io sia nato dietro al bancone del bar nel vero senso della parola, perché a mia madre le si ruppero le acque proprio dietro a quello stesso bancone dove io ancora oggi faccio i caffè. I miei genitori sono entrati in questo bar da fidanzati e credo sia bellissimo pensare che due settimane fa abbiano festeggiato i cinquant’anni di matrimonio, incredibilmente vissuti tutti nel loro bar, lo stesso dove io ho imparato a camminare, dove dormivo in una culla posizionata dietro la cassa, dove mi sono innamorato per la prima volta, dove ho imparato a fare i caffè. Per me il bar è casa, non mi saprei vedere in nessun altro posto che non sia dietro quel bancone.

Dove lavori oggi e come pensi stia cambiando la professione del barista?
Lavoro ancora nello stesso bar in cui sono nato e cresciuto. In Italia il bar è un crocevia di storie, dove il caffè più che una semplice bevanda assume un significato più profondo, catartico, quasi come il sentimento dell’amore ed infatti come l’amore il caffè per essere buono ha bisogno di qualcosa di molto caldo che lo contenga, che lo attiri a se, che ne mantenga l’aroma, lo spessore, per lasciare che il suo sapore forte, deciso e al tempo stesso dolce resti nel nostro cuore il più a lungo possibile. In tutti questi anni passati dietro al bancone del bar mi sono fatto l’idea che a noi italiani   piace complicare anche il caffè, come se più che una questione di gusti, sia un riflesso della nostra personalità. Infatti penso che l’evoluzione del caffè nel corso di questi ultimi anni sia dovuta principalmente alle intolleranze, alle allergie e ai problemi fisici che accompagnano la vita di oggi a volte troppo frenetica e piena di preoccupazioni. Poi c’è chi pensa di fare la dieta solo al bar e dopo aver mangiato a casa un piatto di pasta o in pizzeria un trancio di pizza filante compensa il tutto con un caffè macchiato con il latte parzialmente scremato e il dolcificante, rendendo la vita del barista sempre più difficile. 

Diego Galdino, quando hai iniziato invece ad amare la letteratura ed i romanzi? Quale genere ti affascina di più?
Ho sempre letto tantissimo fin da ragazzo. Ogni genere di romanzi, a parte l’horror perché sono un tipo un pochino impressionabile. Ovviamente il mio genere preferito erano i romanzi d’amore essendo un grande appassionato di Jane Austen, tanto da considerare il suo romanzo Persuasione il mio romanzo della vita. Per quanto riguarda la scrittura invece è tutta un’altra storia. Sono diventato uno scrittore per merito – o colpa – di una ragazza adorabile che a sua volta adorava Rosamunde Pilcher, una scrittrice inglese che di storie d’amore se ne intendeva parecchio. Un giorno lei mi mise in mano un libro e mi disse: «Tieni, questo è il mio romanzo preferito, lo so, forse è un genere che piace più alle donne, ma sono certa che lo apprezzerai, conoscendo il tuo animo sensibile». Il titolo del romanzo era Ritorno a casa e la ragazza aveva pienamente ragione: quel libro mi conquistò a tal punto che nelle settimane a seguire lessi l’opera omnia dell’autrice. Il mio preferito era I cercatori di conchiglie. Scoprii che il sogno più grande di questa ragazza di cui ero perdutamente innamorato era quello di vedere di persona i posti meravigliosi in cui la Pilcher ambientava le sue storie, ma questo non era possibile perché un grave problema fisico le impediva gli spostamenti lunghi. Così, senza pensarci due volte, le proposi: «Andrò io per te, e i miei occhi saranno i tuoi. Farò un sacco di foto e poi te le farò vedere». Qualche giorno più tardi partii alla volta di Londra, con la benedizione della famiglia e la promessa di una camicia di forza al mio ritorno. Fu il viaggio più folle della mia vita e ancora oggi, quando ci ripenso, stento a credere di averlo fatto davvero. Due ore di aereo, sei ore di treno attraverso la Cornovaglia, un’ora di corriera per raggiungere Penzance, una delle ultime cittadine d’Inghilterra, e le mitiche scogliere di Land’s End. Decine di foto al mare, al cielo, alle verdi scogliere, al muschio sulle rocce, al vento, al tramonto, per poi all’alba del giorno dopo riprendere il treno e fare il viaggio a ritroso insieme ai pendolari di tutti i santi d’Inghilterra che andavano a lavorare a Londra. Un giorno soltanto, ma uno di quei giorni che ti cambiano la vita. Tornato a Roma, lasciai come promesso i miei occhi, i miei ricordi, le mie emozioni a quella ragazza e forse le avrei lasciato anche il mio cuore, se lei non si fosse trasferita con la famiglia in un’altra città a causa dei suoi problemi di salute. Non c’incontrammo mai più, ma era lei che mi aveva ispirato quel viaggio e in fin dei conti tutto ciò che letterariamente mi è successo in seguito si può ricondurre alla scintilla che lei aveva acceso in me, la voglia di scrivere una storia d’amore che a differenza della nostra finisse bene.

Parlaci un po’ dei tuoi romanzi e delle tue storie. Come le definiresti e cosa cerca di trasmettere Diego Galdino con i suoi libri?
Le mie sono favole per adulti, libri che hanno la presunzione di regalare dei momenti di serenità a chi abbia voglia di mettere i propri pensieri e le proprie preoccupazioni a riposare per qualche ora. A me piace scrivere romanzi d’amore, perché scrivo quello che sento, quello che il mio cuore ha bisogno di esternare. Con le mie storie mi piacerebbe trasmettere l’importanza della lettura, che secondo me è la cosa migliore che possa fare un essere umano, dopo fare l’amore.

Diego Galdino, come riesci a conciliare la scrittura con il bar? Quando riesci a scrivere e da cosa prendi spunto?
La mia è un po’ una doppia vita come quella di Clark Kent e Superman. Mi sveglio tutte le mattine alle quattro per scrivere un’ora e mezza, poi mi travesto da protagonista dei miei due romanzi dedicati al caffè e scendo al Bar a preparare il caffè agli altri personaggi delle mie storie. Poi se durante la giornata mi viene qualche buona idea mentre sono dietro al bancone del bar me l’appunto sul cellulare per poi svilupparla la sera a casa. In realtà, la soddisfazione più bella e che mi fa sentire meno la fatica di questa doppia vita è vedere i lettori dei paesi in cui sono stati pubblicati i miei romanzi, venire al Bar per farsi fare una dedica o scattarsi una foto dietro al bancone insieme a me. Vedere le loro facce incredule quando entrano nel Bar e mi trovano dietro al bancone a fare i caffè come il protagonista dei miei romanzi è qualcosa di bello a cui non mi abituerò mai. Lì si rendono conto che è tutto vero, che non mi sono inventato niente, che sono entrati a far parte delle mie storie come i personaggi dei libri che hanno letto. Per questo credo che il bar e lo scrivere siano per me due cose inscindibili. Lasciare il Bar sarebbe come lasciare casa. E poi trovo fantastico dare ai miei amici lettori sparsi per il mondo un posto dove potermi trovare sempre.

Bar e letteratura. Cosa hanno in comune? Possono davvero essere considerati come elementi di socializzazione?
Penso proprio di sì. Sono entrambi una filosofia di vita, uno stile di vita, un microcosmo di caratteri diversi, un oroscopo con il proprio caffè al posto dei segni zodiacali. Fare un buon caffè mi gratifica come scrivere un romanzo, mi fa sentire speciale, capace di un qualcosa che resta nelle menti e nel cuore delle persone. Il cliente abituale, quello che torna il giorno seguente, quello che raschia la tazzina con il cucchiaino, sono i premi nobel dei baristi, perché i baristi non saranno mai solo per pochi, i baristi sono di tutti, come gli scrittori. 

Barista e scrittore. Cosa hanno in comune queste due professioni?
Il primo caffè del mattino per un barista simbolicamente rappresenta la fortuna di poter iniziare un nuovo giorno, di dare una nuova possibilità alla vita. Ricordo mio padre che quando qualcuno al bar gli chiedeva… “Come va? Tutto bene?” Lui rispondeva sempre… “Finché stamo qui a lavorà!”  Come scrittore Il primo caffè del mattino è per me un po’ come una nemesi storica… Ho iniziato a scrivere per amore e poi ho continuato a farlo per evadere dalla mia quotidianità, ma poi il destino ha deciso che il successo letterario nazionale ed internazionale arrivasse con il libro dedicato al caffè e ambientato nel Bar dove ho trascorso gran parte della mia vita.

E per il futuro di Diego Galdino prevedi più caffè o più romanzi?
Più romanzi sicuramente, nei prossimi mesi uscirà il mio quinto romanzo italiano L’ultimo caffè della sera in tutti i paesi di lingua tedesca e in tutti i paesi di lingua spagnola, nello stesso periodo uscirà in Bulgaria un altro dei miei romanzi italiani e a San Valentino uscirà in Italia pubblicato dalla Leggereditore il mio nuovo romanzo che s’intitolerà Una storia straordinaria, un libro a cui tengo tantissimo, forse la più bella storia d’amore che ho scritto finora, sarà una vera sorpresa per tutti i miei lettori. In mezzo a tutto ciò la mattina continuerò a svegliarmi alle quattro per andare a preparare i caffè dietro al bancone del bar dove sono nato… Nel vero senso della parola. 

 

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