Esiste una legge che indica con precisione le caratteristiche che una birra deve avere per essere definita artigianale. La legge 16 agosto 1962 (aggiornata a luglio 2016) al comma 4bis dell’art. 2 dice che: “si può definire birra artigianale la birra prodotta da un piccolo birrificio indipendente, non più di 200.000 ettolitri l’anno, e non sottoposta a pastorizzazione e microfiltrazione”. Viene poi indicato anche cosa si intende per birrificio indipendente: “deve essere legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altro birrificio, deve usare impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro produttore di birra, e non deve operare sotto licenza di utilizzo dei diritti di proprietà immateriale altrui”.
Va però detto che la legge è ancora lacunosa sul concetto di microfiltrazione e su quello di indipendenza. Sul rapporto tra piccoli e grandi birrifici ci sarebbe molto da dire, con molti casi di birrifici indipendenti (Birra del Borgo, Birrificio del Ducato, Birradamare, Toccalmatto) che ultimamente hanno ceduto le loro quote a grandi colossi della birra, spesso con accordi di partnership non troppo definiti. Ognuno di essi non potrà più esporre in etichetta la dicitura “birra artigianale” e non potrà far circolare la propria birra nel circuito dell’artigianale.
La legge oggi in vigore è l’unico strumento per distinguere tra birra artigianale e industriale, e Unionbirrai (associazione di categoria dei piccoli e indipendenti birrifici italiani) si pone oggi come organo di controllo per le errate diciture in etichetta e per l’uso improprio del termine “artigianale”. Per le pratiche ingannevoli che tendono a truffare il consumatore si va dai 1500 € di multa (per errata denominazione) ai 5000 € per accertata volontà di ingannare il consumatore.