Ogni giorno, consultando il web, sui social network non si fa che assistere sempre di più ad un’assidua guerra sterile e perversa tra bartender o pseudo tali: flair bartender contro classic bartender, jigger contro free pouring, barman da disco contro barman da albergo…
Ci sono alcune cose che vanno puntualizzate a mio avviso:
1) è vero che il flair (e qua forse parecchi non saranno d’accordo) ha perso il suo fascino e tranne in rari casi le competizioni di exhibition flair non si organizzano altro che per farsi pubblicità, per sponsorizzare questo e quell’altro. Ormai in caduta libera, è rimasto ben poco di questo movimento, ma ci si è mai chiesti il perché? Forse perché si è perso il senso ed il valore primario di tutto ciò: si organizzava per divulgare conoscenze in maniera sana ed equilibrata, e questi valori erano, tra gli stessi partecipanti, un motivo per stare insieme, socializzare, divertirsi…. da quando tutti questi principi sono stati declinati e si è pensato solo al dio denaro, al diventare un “qualcuno”, ad apparire in tv o sui giornali, si è perso il senso di tutto e si è arrivati a scontri per la vittoria finale!!!
Ho sempre pensato che l’exhibition flair avesse poco a che fare col mondo del bar, ed evidentemente non mi sbagliavo se poi questi sono i risultati… ma a me dispiace chi declina il working flair come metodo di lavoro, il quale risulta, per chi lo sa praticare, non eccessivo, fluido, coinvolgente, spettacolare e divertente anche per il cliente stesso!!!! Oggi i primi a denigrarlo sono coloro che una volta col flair ci mangiavano..Come diceva un noto bartender: “anche il più classico dei bartender nel suo stile fa flair”.
2) Spesso tra barman di vecchio stampo, i classici dei “classici” (coloro che non hanno mai usato un misurino, un metal pour o quant’altro) denigrano il jigger. Ma cosa c’è di male ad usarlo? Perchè dicono che ne limita le capacità? D’accordo sul fatto che si possa usare solo in determinati contesti, ma quale male potrà mai fare? E nell’usuarlo il bartender deve conoscere perfettamente le dosi, quindi anche se il drink è “sartoriale” e si cuce addosso al cliente il jijjer ha un suo fascino.
3) Chi l’ha detto che sia bartender solo il barman d’albergo o quello che sa 12 lingue? Basta sapere quelle indispensabili!! E’ vero che la disco va bene fino ad una certa età e per fare il salto di qualità occorrono altri ambienti lavorativi, ma comunque è utile nei primi tempi per velocizzarsi e crearsi uno stile!!! Si assiste sempre di più a falsi moralismi, troppi falsi moralismi!!!! Si sono forse persi i veri valori? Ok, bisogna sconfiggere i mali del bartending: masterclass che vendono aria fritta, scuole (e fortunatamente non tutte) che spillano solo soldi insegnando poco o nulla del “vero” mestiere, bar gestiti da improvvisati, barman che invece di far crescere il proprio locale girano il mondo facendo competition, barman che nascondono le proprie lacune dietro drink complicati e senza senso e anche dannosi, insalate nei drink, datori di lavoro sfruttatori senza capire che si punta sul bartender per innalzare il livello del proprio locale, tanta disinformazione. Ma come combattere tutto ciò se poi i grandi ed i più esperti massacrano ragazzini alle prime armi invece di fargli capire dove si sbaglia e correggendoli? Ma poi chi l’ha detto che un barman sconosciuto e di periferia non possa fare un old fashioned 3 volte superiore ad uno famoso? Perché questi semplici bartender non possono avere libertà di espressione e di pensiero? Si parla di umiltà, ma dov’è? Si parla di passione, ma se non si riempiono i locali di quale passione vogliamo parlare?
Dobbiamo una volta per tutte essere sinceri, tutti noi bartenders amiamo il nostro palcoscenico, il bancone..ciò che ci rende felici e invulnerabili (e forse talmente insicuri e deboli quando lo abbandoniamo), e vogliamo metterci tutti in mostra: è il nostro lavoro e purtroppo non dobbiamo girarci intorno; basta con queste guerre sterili. Parlando tecnicamente qualunque sia il metodo di lavoro, freepouring, jigger, mano libera, l’importante è fare un buon drink e far vivere un’emozione al proprio cliente, che dopo una giornata di lavoro va alla ricerca di un’atmosfera diversa, lontano dallo stress e dai problemi…i prodotti offerti ed il servizio devono essere imprescindibilmente di qualità, ma il bar deve ritornare il bar di una volta, il primo luogo di socializzazione. Basta guerre “perverse”, basta barman pezzi di legno dietro ad un banco, austeri e senza sorriso, bisogna ripartire da altri fattori: determinazione, coesione e soprattutto mentalità aperta!