Emanuele Francioni è un giovane chef che collabora con grandi professionisti del settore, come Moreno Cedroni. Lo abbiamo intervistato per capire cos’è la cucina oggi, come nasce una passione e quali progetti nascono per unire il food e il mondo dei cocktail.
Quando hai iniziato ad appassionarti alla tua professione?
La passione per la cucina bussa alla mia porta all’età di 16 anni, quando inizio a lavorare in un ristorante della zona gestito da un giovane chef che ha fatto nascere in me l’entusiasmo per questo mondo che richiede molto impegno, ma che regala altrettanta soddisfazioni se ci si crede.
Quali sono state le tue prime esperienze?
Dopo aver frequentato la scuola alberghiera ed essermi diplomato ho affrontato varie esperienze, la prima è stata al ristorante LE CASE: a suo tempo la cucina era gestita dallo chef stellato Michele Biagiola. Poi in vari ristoranti e hotel del Maceratese per arrivare infine, con onore e soddisfazione, a far parte della brigata dello chef pluri-stellato Moreno Cedroni, in uno dei suoi ristoranti rinomatissimi.
Chi sono stati i tuoi maestri? Le figure più importanti della tua carriera?
Prendo spunto da diversi chef, perché ognuno ha qualcosa da insegnare, ma sicuramente, la figura dello chef Moreno Cedroni è la più incisiva, avendo modo anche di starci a stretto contatto. Non potranno insegnarmi molto sulla cucina, ma il sostegno della mia famiglia e della ragazza sono ingredienti fondamentali per proseguire certi sogni. Importante è stata anche mia nonna: forse senza lei, dentro me non ci sarebbe stato quel seme che poi è germogliato a 16 anni. Inoltre mi ha insegnato qualche piatto della tradizione marchigiana, come il vincisgrasso.
Parlaci della tua esperienza di lavoro insieme allo chef Moreno Cedroni… com’è lavorare vicino ad un grande chef?
Ha avuto inizio 3 anni fa, quando ho mandato il curriculum allo chef Moreno Cedroni, senza grandi aspettative. Ma mi sorprese, come puntualmente continua a fare in cucina, dato che ricevetti la sua risposta: immaginate quanto potevo essere emozionato. Mi licenziai e partì subito per la mia esperienza al ristorante il Clandestino a Portonovo, locale suggestivo. Tutt’oggi lavoro con lo chef Cedroni, ogni volta torno a casa sempre con grandi insegnamenti, crescita personale e con sempre meno dubbi e insicurezze. Un’esperienza significativa, sempre grazie al Maestro chef Cedroni, è stata approdare a New York per l’evento culinario Identità Golose 2015. Avete capito che per me è un onore lavorare con il Maestro Cedroni, uno dei migliori chef al mondo .
Che cosa vuol dire per te essere uno chef?
Uno chef a 24 anni? Ancora non sento di definirmi tale, occorrono anni d’esperienza, lavorare molte ore, dover rinunciare spesso al divertimento, e condividere meno tempo con i cari, cioè sacrificio. Però sono sicuro che sarà tutto ben investito perché un giorno riceverò i frutti del mio sudore dato che in me divampa la passione per la cucina che rende ogni sacrificio sopportabile.
Quali sono gli ingredienti che usi maggiormente e perché?
Non c’è un ingrediente che uso di più, tutto è in funzione della crezione un piatto armonico e della valorizzazione della materia prima che sto servendo. Diciamo che un buon olio monocultivar extra vergine di oliva delle marche non può mancare nella mia cucina.
Qual è il tuo rapporto col cliente? Cosa vuoi trasmettere nei tuoi piatti?
Il rapporto cuoco cliente non può mancare, anche se ciò non sempre avviene. Dico questo perché girando qualche volta varie cantine, necessito di trovare una sorta di corrispondenza fra il vino e chi c’è dietro, setssa cosa avviene nel piatto. Inoltre, m’interessa sapere se i miei clienti hanno gradito o no, perché anche il loro parere è un insegnamento che mi porta a migliorare e crescere. Voglio trasmettere un’armonica cucina, equilibrata, leggera, ma esaltando i gusti. Il cliente deve nutrirsi con i miei piatti, senza raggiunger mai la sazietà con le papille gustative in estasi. Quando un cliente ripensa al percorso gustativo anche i giorni successivi, significa che ho fatto un buon lavoro.
Sogni di aprire un tuo locale? Come lo immagini?
Sì, sogno di aprire un giorno un mio locale. Ora l’idea non ha una forma ben definita ,ho ancora molto da imparare, però so che il locale dovrà estasiare quanto i miei piatti, vivere un esperienza non solo nel piatto, ma anche nel contesto .
Quali sono i piatti che ami di più e perché?
Come ho risposto prima per gli ingredienti, non ci sono piatti che preferisco o meno, amo solo il piatto dove sono riuscito armonicamente a gestire e valorizzare ogni ingrediente e a far rivivere anche un percorso storico, perché in ogni piatto voglio che ci sia la tradizione, che si presente in quel piatto evoluta, trasformata, reinterpretata.
Ami usare prodotti a km 0 o del territorio? Se sì quali?
Fin quando è possibile preferisco prendere prodotti locali, ma se qualità dell’ingrediente mi costringe a fare diversi km, lo prendo. Ci tengo comunque ad utilizzare prodotti di ottima qualità e del territorio.
Qual è il tuo rapporto con il mondo del bar? Credi degli abbinamenti tra cibo e cocktail?
Il bar è un luogo che vivo da cliente, visto che amo il mio momento caffè e quando posso un meritato e rilassante aperitivo. Sì, credo nell’abbinamento cibo cocktail anche se si basa su fragili equilibri. Ricordiamo che gli abbinamenti sono importanti. Un buon piatto è valorizzato da un giusto vino e viceversa. In qualsiasi luogo in cui si mangia e si beve, anche lì serve un buon direttore che sappia orchestrare piatti e bevande.
Parlaci del nuovo progetto Cook-Tail insieme a Bar.it
Cook (cucinare) tail (cocktail), è un progetto innovativo in cui crediamo, certi che ne usciranno cose interessanti che i nostri clienti apprezzeranno. Creeremo il cocktail su misura al cliente, tramite qualche domande scoveremo i suoi gusti e in tempo reale gli prepareremo il suo cocktail su misura, accostato alla mia proposta “d’amose bouche” (volevo utilizzare questo termine francese), corrisponde al nostro finger food , pero più elaborato e studiato
Tre aggettivi con cui ami descriverti.
Umile, determinato, caparbio.
Tre aggettivi per descrivere i tuoi piatti.
Umili, di carattere, espressivi.