Alla parola socialità, il dizionario cita: “inclinazione alla convivenza sociale innata nell’uomo”.
Al tempo della mia infanzia ricordo che ciò avveniva: nelle famiglie, con i vicini di casa e amici, in piazza nel giorno del mercato e alla domenica mattina usciti dalla messa delle 11, nelle osterie e caffè. Nel tempo, grazie alla mia professione, vidi che esistevano circoli di ogni livello sociale e soprattutto i bar, dove facevo il barman. Il mio impegno professionale era, dopo quello di preparare buoni drink, quello di “passatore della parola”. Già, o ero io che confidenzialmente, quando mi era palesemente concesso dal cliente, conversavo, o, il più delle volte, permettevo a lui con domande d’aggancio (mai di politica o di calcio) di raccontarsi, mentre io facevo il mio lavoro. Quando poi c’erano più clienti al banco era la mia specialità riuscire a coinvolgerli in un’unica conversazione collettiva. Era fatta, la mia qualità era quella di barman socievole, nonostante da ragazzino ero molto riservato (spesso ero considerato timido). Aveva raggiunto l’obbiettivo: distribuire cordialità, affabilità intorno al banco, tanto da far nascere spesso vere amicizie fra i clienti che fino ad allora non si scambiavano una parola (miracoli del banco bar!!!).
Ma ora dove si può socializzare, in quale luogo avviene la socializzazione o è ancora permessa? Certi bar sono prevalentemente frequentati da giovani in una tumultuosa allegria suggerita dal troppo alcol; le caffetterie col servizio di primo mattino hanno un pubblico che velocemente scappa ai suoi impegni giornalieri, quelli che rimangono si leggono il giornale; i locali e i bar serali più volte inseriscono un’attività musicale ad alti volumi ed è impossibile colloquiare; ci sono i ristoranti, ma o sono gremiti di pubblico, ed è difficile conversare al tavolo, o sono altolocati e pertanto il pubblico che li frequenta raramente è disposto alla conversazione. Eppure esistono ancora ambienti dove cordialmente si possono intraprendere conversazioni con altri commensali, prima sconosciuti.
In alcuni ristorantini della riviera romagnola, per esempio, è possibile conoscere turisti con i quali scambiare mezz’ora di chiacchiere, e magari darsi un appuntamento virtuale nel web…modernità dei tempi!! Ricordo che a Ginevra, dove ho lavorato per lungo tempo, portai l’allora mia giovane moglie in un ristorante in rue de Mont Blanc: il “Caffè de Paris”, dove i lunghi tavoli erano occupati da coppie di nazionalità e lingue diverse, con cui, come si poteva nei diversi idiomi, si dialogava con piacere. Mia moglie rimase piacevolmente sorpresa da questa abitudine di rapportarsi fra persone al ristorante, praticata in molti locali all’estero.
In Italia, lo dico per esperienza, il tentativo di unire due coppie di clienti nello stesso tavolo di ristorazione è inaccettabile. Per buona sorta di molti clienti esistono ancora barman e locali che permettono di bere buoni drink in cordiale compagnia. Noi barman cercheremo sempre di mantenere questa qualità, e di circondarci di persone propense alla socialità. Lo spero!