Oggi con la moda dilagante che fa nascere un sempre maggior numero di locali segreti – speakeasy – non possiamo che soffermarci suglia anni del proibizionismo americano, ma soprattutto sulla sua ondata criminale.
Il National Prohibition Act del 1919 applicò il 18° Emandamento della Costituzione americana, che vietava la fabbricazione, la vendita e il trasporto di alcolici. Entrato in vigore nel gennaio del 1920 non fece che aumentare il consumo di alcol del 15 %. Si cominciò allora a distillare grandi quantitativi di alcolici fatti in casa, alcuni dei quali particolarmente disgustosi che risultarono addirittura letali. Si calcolò che una bevanda nota come Jake, composta da alcol di alta gradazione estratto dallo zenzero giamaicano con l’ aggiunta di alcol di legno, abbia provocato la paralisi a 15000 persone.
Quindi si producevano i cosiddetti “moonshine”(chiaro di luna), ovvero distillati illegali (in genere whiskey) che venivano travasati ancora freschi e limpidi in giare di ceramica dura. Il proibizionismo e i “ruggenti anni 20” furono collegati al fenomeno del gangsterismo, cui spicca la figura di Al Capone, la cui fortuna come quella di altri criminali, fu di arricchirsi tramite i proventi del traffico di alcool, sfruttando la proibizione e la conseguente crescita esponenziale del prezzo.
All’inizio Al Capone si rifornì da importatori della Florida, di New York, di Detroit o dai distillatori clandestini di Chicago, per poi rivendere gli alcolici agli Speak-easy, ovvero locali in cui si vendevano bevande alcoliche al pubblico illegalmente, spesso in regime di esclusiva garantendo all’esercizio commerciale prezzi più favorevoli e tagliando la concorrenza di altre bande criminali. Fra le bande iniziarono violenti scontri a colpi di Thompson nelle strade delle città, allo scopo di guadagnare il territorio (come oggi spesso succede con il narcotraffico), e chi avesse voluto entrare e competere doveva crearsi un’ organizzazione criminale per competere con le altre già esistenti.
Si trattava di un giro d’ affari da miliardi di dollari, ovviamente esenti dalle tasse. Al Capone era il numero uno del business della città di Chicago con un accertamento fiscale di oltre cento milioni di dollari. I proventi del “contrabbando” di Capone gli occorrevano in parte per essere reinvestiti in altre attività, legali ed illegali, come pagarsi la sua candidatura in politica ed il controllo che egli esercitava sul Municipio esclamando spesso queste poche righe che sono rimaste nella storia: “Ho fatto i soldi fornendo un prodotto richiesto dalla gente. Se questo è illegale, anche i miei clienti, centinaia di persone della buona società infrangono la legge. La sola differenza fra noi è che io vendo e loro comprano. Tutti mi chiamano gangster. Io mi definisco un uomo d’ affari”.