Da un po’ di tempo, ormai, una parte di mercato, di produttori e molti locali (tra cui i bar), hanno intrapreso un “ritorno alla terra” che vede protagonisti, tra gli altri, i vini biologici e biodinamici.
La produzione del vino non è cosa facile, ci sono di mezzo anni di lavoro, terra e tradizione. A questi concetti, oggi, tendono a ritornare buona parte dei prodotti che sono protagonisti anche di bar e ristoranti. Ci si serve sempre di più da piccoli produttori locali e, perché no, biologici. I vini sono parte attiva di questa fetta di mercato: ottima qualità ad un prezzo leggermente più alto, e uno spazio sempre maggiore per i biologici/biodinamici, appunto. Ma che differenza c’è tra un vino biologico ed uno biodinamico?
Partiamo dicendo che non esiste, sull’argomento, una regolamentazione chiara, ma che è subito possibile definire il “vino libero” come quello autodisciplinato da produttori che non vogliono sottostare alle leggi europee. Un concetto di “vino anarchico”, insomma, introdotto dal patron di Eataly Oscar Farinetti. Di base i vini liberi e biologici riducono al minimo la chimica sia in cantina che in vigneto. Il vino biologico ha un marchio di qualità riconosciuto dall’UE e dai consumatori, dopo abbattimento dei solfiti, riduzione di risorse idriche ed adozione di tecniche di difesa biologiche e naturali. Si privilegia, in sostanza, il rapporto con la terra, la natura e la ricerca della genuinità.
Un piccolo accenno va fatto anche sui vini “naturali”, che oltre alle tecniche biologiche, non presentano alcuna aggiunta al mosto. Lo step successivo è il vino biodinamico, prodotto sulla base dei dettami che Rudolf Steiner teorizzò negli anni ’20. L’agricoltura biodinamica segue 3 principi fondamentali: mantenere la fertilità della terra immettendo sostanze nutritive, rendere sane le piante e resistenti a malattie, produrre alimenti qualitativamente eccellenti. Il produttore biodinamico viene influenzato dalle fasi astrologiche, a cui le piante vengono inter-connesse, usa di rado il trattore, pratica sovesci e rifiuta la chimica. Grazie a questo, la maturità della frutta è legata alla mineralità della terra, al clima ed alla varietà della pianta. Il vino sarà “intero”, ricco di aromi e zuccheri, pronto per garantirvi un’esperienza gustativa agendo sulle vostre sfere inconsce.
Ora, alcune considerazioni. Non esistendo una normativa specifica, molto di ciò che il produttore afferma potrebbe essere messo in discussione. Il consiglio, per i locali, è quello di avere rapporti diretti con i vostri fornitori, magari andando anche a visitare le loro aziende. Appurato questo, va capito, anche da parte dei consumatori, cosa si intende per prodotto naturale al 100%. Se cerchiamo vini senza aggiunte o manipolazioni, allora anche il biologico è la nostra risposta. Ma se cerchiamo una vera connessione con la natura, il biodinamico è ciò che fa per noi.
Nessuno potrà mai dirci tecnicamente se sia più buono un vino biologico o uno biodinamico. L’unico modo è confrontarli, tenendo presente che nel prodotto finale influiscono mille fattori, oltre all’utilizzo di uve dell’uno o dell’altro tipo. E il gusto del vostro palato, consumatori o gestori che siate, conta più di ogni altra cosa. Come dico sempre, il punto di partenza di ogni scelta è la domanda “che cosa sto cercando?”. Certo è che buona parte della fortuna dei locali, è data dai clienti, che vanno sensibilizzati, formati, informati anche tecnicamente. Solo così potranno diventare consapevoli e formarsi una cultura che aiuterà loro, e quindi voi gestori, nella scelta. Biologici o biodinamici, ciò che non si deve mai perdere è il gusto della ricerca e l’amore per la condivisione.
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