Non ci avevo mai fatto caso ma, in effetti, l’unico posto che frequento tutti i giorni è il bar. Dato che è lì, e solo lì, che bevo l’imprescindibile caffè del mattino. Primo, perché detesto iniziare la giornata armeggiando con macchinette, cialde e stoviglie, secondo perché per chi, come me, lavora a casa, è una spinta a lavarsi, vestirsi e uscire invece di ciondolare in vestaglia fino a sera come una scarmigliata sciattona che vaga depressa tra quattro mura.
Terzo perché il caffè del bar mi sembra più buono. Anche se il bar non è sempre lo stesso, dipende dall’itinerario successivo o dalla città in cui mi trovo ma, che sia quello di quartiere tra il fruttivendolo e la macelleria o un anonimo Autogrill all’alba, il più elegante di un centro storico o il più sfornito chiosco di un camping scalcagnato, è la prima tappa appena metto il naso fuori, per una necessaria tazzina di caffè zuccherato, macchiato freddo, da sorseggiare con calma. Un lento rito durante il quale organizzo mentalmente le cose da fare, osservo chi mi sta attorno oppure sfoglio il giornale, ammesso che il pensionato di turno non ci stia dormendo sopra o non lo stia imparando a memoria.
E’ un’abitudine che mi aiuta a carburare, anche se mio padre la ritiene la principale ragione per cui non ho ancora trovato marito. “Nessun uomo sopporta una donna che ci mette venti minuti a bere un caffè!” dice lui, che lo ingolla corto, amaro, bollente e in un secondo è già schizzato in strada a controllare se i vigili gli stanno facendo la multa. “Può darsi…” replico io quando lo raggiungo mezz’ora dopo: “d’altra parte nessuna donna sopporta un uomo che le mette fretta!”.
Che poi io non mi intendo di caffè e, a meno che non sia così rivoltante da girarti all’indietro le palle degli occhi, per me una miscela vale l’altra e non saprei distinguerla da un orzo. Inoltre non mi tiene sveglia anzi, posso trangugiarne un litro a mezzanotte e crollare addormentata all’istante. Infine non mi fa bene, visto che poi ci fumo. Tuttavia mi piace, soprattutto mi piace prenderlo così, non posso farne a meno, non ci rinuncerei mai e non me ne frega niente se resto zitella.
VALENTINA CAPECCI, sceneggiatrice di cinema (Se fossi in te e È già ieri) e televisione (in più di 20 fiction). Scrive per il teatro, è autrice e curatrice della raccolta Omicidi all’italiana per ColoradoNoir–Mondadori, ha pubblicato il libro Gente Normale (ed. Marsilio) e gli ebook Lui è mio e lo rivoglio e Il passo del pollo.
IL PASSO DEL POLLO: lui è un giovane spiantato che si innamora di una bella spocchiosa che non se lo fila. Allora per conquistarla organizza una truffa. Insieme a una banda di scombinati che la metà basta e la complicità di un pollaio. Naturalmente succedono casini, in questa buffa, ingenua, divertente e commovente favola di periferia, ma alla fine…
Vi ricordiamo che tutte le storie che troverete in Storie al bar e Donne al bar, saranno raccolte in una pubblicazione online e cartacea, di cui sarete voi i primi protagonisti. Potete inviare le vostre storie all’indirizzo mail bar@bar.it o utilizzare il form in questa pagina.
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