Lo scorso giovedì 29 febbraio, presso il “Wine Not?” di Ancona, l’elegante bistrot del Grand Hotel Palace, si è tenuto un interessante incontro dedicato al mondo del bar, con la partecipazione di Julian Biondi, barman, formatore e conduttore del programma televisivo “Viaggi di Spirito”, in onda su Gambero Rosso Channel da ormai 3 stagioni; trasmissione tv con cui si vanno a scoprire produttori di liquori e gin, oltre a scoprire le tradizioni locali legate al bere.
Il brillante barman fiorentino, che lavora da quasi 20 anni in questo settore, ci ha raccontato di avere un background umanistico con una laurea in giornalismo e una passione che lo ha portato, da ormai 8 anni, a collaborare con bargionale, oltre ad essere uno dei formatori della scola Cordonbleau, che si occupa di mixology e foodpairing. “È una scuola di cucina con cui si insegna ai cuochi come abbinare le bevande alcoliche ai piatti e preparare drink coerenti con la propria cucina – ci ha spiegato Julian, che è anche un imprenditore – Ho un liquirificio-distilleria a Firenze “Fermenthinks”, con cui produciamo distillati anche per altri brand.”
Tanti gli aneddoti e le curiosità sul mondo del bere che sarebbe possibile conoscere con Julian che ha guidato i presenti, accorsi numerosi, in un viaggio nella mixology con cui scorprire e riscoprire sapori, tradizioni, storia e aneddoti di alcuni drink, rivisitati anche impiegando i vini della cantina “Umani Ronchi”, cantina dell’anno 2024 per il Gambero Rosso. Julian, che prima della sua visita alla città dorica, aveva ammesso di non conoscere molto la nostra regione dal punto di vista enologico, ci ha rivelato di aver particolarmente apprezzato il Cumaro del 2007, ma anche tutti i vini provati per preparare la serata.
Una serata che è stata l’occasione per ripercorrere alcuni momenti storici del nostro Paese che oggi è quello, in Europa, con il più basso consumo di alcol pro capite. “La storia del cocktail italiano – ha spiegato Julian – inizia praticamente con l’Unità d’Italia, con lo Spritz. Ci troviamo nel triveneto, il nord-est italiano, all’epoca sotto l’impero austroungarico. Gli austriaci, abituati a bere birra, in Veneto si confrontano col vino e iniziano ad aggiungervi acqua di Selzer, un’acqua frizzante utile per diluire il vino e renderlo più simile alla birra: nasce così lo Spritzer, nient’altro che vino allungato con acqua frizzante.”
Da lì, il passo che porta a “macchiare” lo spritz con liquori tipici del territorio, è breve. A rafforzare il connubio tra vino ed altri ingredienti per creare dei cocktail, ecco che arriva il Bellini, nato in onore di una mostra del Gianbellino, con cui si inizia ad affermare l’abitudine di mescolare frutta di stagione con vino frizzante.
Altri prodotti importanti, nel mondo della mixology, nati nell’800, sono il bitter, miscela di erbe amare originaria di Milano ed inizialmente chiamata Scottum, ed i vermouth, vini rinforzati con alcol, zucchero e spezie (in cui è costante la presenza dell’artemisia, che stimola l’appetito), nati a Torino. Ecco, allora, che arrivano prima l’americano e poi il negroni, il cocktail più diffuso al mondo.
Spesso i drink nascevano con scopo curativo, grazie alla capacità estrattiva dell’alcol, nei confronti delle erbe e dalle spezie. Ma da dove viene il termine “aperitivo”? Semplicemente dal verbo “aperire”, che significa “aprire”. Aprire che cosa? Ovviamente, lo stomaco, per prepararlo all’arrivo del cibo….
Un drink derivato dal negroni, ma rivisitato negli anni ’50 dello scorso secolo, fu proprio “il cardinale”, realizzato in onore di un cardinale tedesco amante di questa tipologia di cocktail: qui il vermouth, considerato troppo dolce, fu sostituito con il vino Riesling.
Da questo drink, rivisitato da Julian, è partita la nostra serata, con il drink “un tuffo nel pass….ssito”: 1 cl e mezzo di gin, 1 cl e mezzo di bitter e 4 cl e mezzo di Maximo, il Sauvignon blanc ottenuto da uve botritizzate, dell’azienda Umani Ronchi.
“In tutti i cocktail in cui si usa il vino, bisogna avere l’accortezza di sbilanciare le proporzioni dei liquidi a favore del vino che, avendo un minor contenuto alcolico, tende a soffrire un po’ nel confronto con gli altri ingredienti del drink”, spiega Julian prima di portarci ad assaggiare il “Baja California”, il secondo cocktail della serata, dove il Mezcal incontra il Verdicchio e si aromitizza con ananas, mela verde, basilico e cetriolo, per regalare una bevuta fresca ed intrigante, che ben si abbina con un taco al pomodoro verde, melograno e tonno marinato alla soia, proposto dallo chef Leonardo Castaldi, che ha curato tutti gli abbinamenti ai drink della serata.
Serata che si è conclusa con un terzo cocktail, una bella rivisitazione del French75, cocktail che unisce il gin, con zucchero, succo di limone e top di champagne. Qui la base è una vodka (proveniente direttamente dalla distilleria di Julian) che va a prendere il al posto del gin, mentre lo sciroppo di biancospino delle Marche va a sostituire lo zucchero. Il tutto è preparato in una punch ball che porta con sè il significato della convivialità e della condivisione. Per finire, top di LH2, il Metodo classico di Umani Ronchi, costituito da Verdicchio e Chardonnay, a sostituire lo Champagne.
Un drink dal gusto internazionale che si sposa perfettamente con un club sandwich, costituito da tre stati di panino, con lattuga, petto di pollo, pomodoro, maionese e bacon croccante.
La serata, sold out, ha segnato anche la ripartenza degli incontri organizzati dalla famiglia Bernetti, proprietaria del “Wine Not?” e di “Umani Ronchi”, che proseguiranno nei prossimi mesi con altri eventi, assolutamente da non perdere.
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