Da Italiani spesso ci sentiamo superiori nel settore del caffè e della caffetteria per motivi storici o patriottici. Ma, ahimè, questi motivi sono però da attribuire bensì ai nostri avi e poco spesso ai giorni nostri, salvo rare eccezioni.
Nelle maglie che compongono la catena dell’universo caffè in Italia, dominano quasi incontrastate
colossi della torrefazione di grandezza industriale su tutto il territorio nazionale. Questi producono
ingenti quantità di caffè tostato a discapito della qualità finale nel sacchetto, dichiarando spesso
miscele 100% Arabica, mentre spulciando nei sacchetti si incontrano varietà Canephora in miscela.
Essi, anziché aver il focus sulla qualità delle origini e sulla tracciabilità dei loro caffè, nonché sulla
tostatura differenziata origine per origine, si concentrano sui comodati d’uso di macchine e
strumenti per i bar del paese imponendo il loro brand con forza e in modo esclusivo, tralasciando il
concetto di qualità nella selezione di singole origini e nel turn-over delle stesse in base ai raccolti e alle stagionalità, non offrendo nuove varietà e lotti all’utente finale il Cliente.
Anche il trasmettere correttamente all’operatore finale – il barista – la conoscenza della materia che si sta lavorando e del metodo di bonifica e torrefazione di quella particolare miscela o singola origine, è informazione da considerare specchietto per le allodole. Infatti, vengono quasi sempre omesse notizie sulle specificità del caffè in uso (provenienza, origine, tipo di lavorazione, tipo di tostatura, data di tostatura, profilo aromatico ecc…), così che il barista andrà ad eseguire preparazioni di prodotti finiti in tazza, senza sapere se siano espressi o base espresso miscelati a latti di varia natura.
Si denota nello stivale un complessivo ignorare della materia, né tanto meno vi è conoscenza del prodotto in uso per poterlo renderlo appetibile ai clienti. Ma veniamo all’Australia, in quel di Melbourne. Vi è un lamento comune da parte degli australiani residenti di questa città che viaggiano all’estero. Essi dichiarano che ovunque viaggiano nel mondo faticano a trovare una bevanda di caffè preparata con criterio da mani sapienti. Questa è una posizione prettamente patriottica o ci sono delle evidenze oggettive che riflettono la loro lamentela? Ci sono molti conoscitori del mondo del caffè in ogni dove nel globo, che avvallano questa posizione e attribuiscono agli australiani la paternità di avere tra i migliori caffè del pianeta.
Un fatto che non si discute. Lo stesso Time Magazine, quando pubblicò la lista delle cinque migliori città al mondo per la coffee culture, oltre alle storiche Addis Ababa, Istanbul, Roma e Vienna, inserì Melbourne, unica città moderna che destava particolare interesse. Anche il New York Times riporta di un’esplosione di coffee shop nella grande mela, considerando quanto sia dinamico e professionale il contesto di Melbourne nella scena del caffè.
La potente influenza di questa el dorado del caffè nella scena globale, ha fatto quindi presto a
giungere nella vecchia Europa, in quel di Londra. Nella capitale britannica si iniziano infatti da
tempo ad esporre nei coffee shop annunci di lavoro per personale qualificato nella preparazione di caffè con esperienza in Australia, possibilmente nella città di Melbourne. Anche in Italia, il tre volte Campione Nazionale Baristi di caffetteria, Francesco Sanapo (titolare di Ditta Artigianale, coffee shop di Firenze con torrefazione artigianale aperto nel 2013), dichiara di essersi ispirato alla scena del caffè di Melbourne.
Continua…
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