Michele Piagno è un barman di livello internazionale che con la sua famiglia tra un impegno e l’altro gestisce anche l’enoteca Vecchia Pretura a Codroipo, un bel paese di 15.000 anime in provincia di Udine. Riportiamo di seguito un’intervista che è apparsa qualche giorno fa su Alladiscoteca.com, e che è giunta alla nostra attenzione grazie alla stampa.
Al centro di tutto c’è l’iniziativa “Io Apro“, che venerdì 15 gennaio ha fatto aprire di nuovo tanti ristoranti italiani (e non solo anche bar, palestre e piscine). In realtà, grazie alla crisi di Governo, questa protesta è già uscita dal (sempre splendido) vortice dei media.
Michele Piagno non è un estremista, non è un negazionista. E’ un imprenditore in difficoltà assoluta che non sa come potrà affrontare il 2021 dopo le difficoltà incredibili che ha affrontato nel 2020. “Capisco bene le ragioni di chi protesta in forte. Aver aperto ha significato rischiare multe e soprattutto farle rischiare ai propri clienti”, spiega. “E’ chiaro poi che non sono i locali pubblici ad aver veicolato il virus, visto che i numeri non sono sotto controllo e i locali sono quasi chiusi o lavorano con pesanti restrizioni da tempo”.
Come riassumeresti la situazione di chi gestisce oggi un bar o un ristorante?
“E’ tragica, ma molti non se ne accorgono. La politica è riuscita nell’impresa di dividere gli italiani creando una guerra tra poveri. Leggere sui social commenti terribili su noi ‘ristoratori untori che fanno solo nero da decenni’ fa male. Oltre che dimenticati dallo stato, siamo odiati da troppi. Non è giusto e non è logico”.
C’è chi dice che bar e ristoranti siano stati destinatari di molti ristori…
“Ad oggi, per dicembre 2020, il mio locale ha avuto come ristoro il 10.8% del fatturato del mese di dicembre 2019. Per quasi tutto lo scorso anno però abbiamo potuto aprire solo con pesanti restrizioni. Tra l’altro, anche quando la regione Friuli Venezia Giulia è gialla come in questo momento, dobbiamo chiudere alle 18. Il mio locale, come altri, era e sarà sempre soprattutto serale, altri non lo sono… mentre i ristori sono arrivati senza fare distinzioni. Per questo, nel nostro caso, per poter stare in piedi avremmo avuto bisogno del 50% del fatturato del 2019”.
Quali sono le spese che dovete comunque sostenere anche se chiusi o parzialmente aperti per take away o delivery?
“Sono tante. L’affitto resta. La bolletta dell’energia elettrica si è solo un po’ abbassato, poi c’è l’acqua, la tassa per per l’immondizia, per ora senza sconti. Ho appena speso circa 500 euro per la cassa nuova e ne dovrò spendere circa 280 per la famosa “lotteria degli scontrini”. Tra l’altro, anche l’operazione cash back del Governo per chi deve incassare un euro per un caffè diventa un boomerang, perché le commissioni bancarie fisse ci sono ancora. Non è finita. Anche se seguiamo ogni norma e oggi facciamo sedere 12 persone e non più 25 come normalmente, abbiamo dovuto pagare 680 euro per adeguarci al protocollo anti-Covid… prima che ci facessero chiudere a dicembre dello scorso anno. E’ una situazione insostenibile”.