Non è un metodo nuovo quello di miscelare varie tipologie di uve o vini per ottenere migliore qualità. La maggior parte dei migliori vini disponibili attualmente sul mercato sono frutto di uvaggi di tipologie di uve diverse.
Esempi di queste tipologie di vini sono: il Chianti, il Tignanello, il Vino Nobile di Montepulciano; l’Amarone della Valpolicella, il Bardolino, la Valpolicella, il Franciacorta Rosso, i Rossi della Valtellina: Grumello, Sassella, Valgella, Inferno, Sforzato; molti rossi del Friuli: Cabernet, Cabernet Sauvignon; alcuni vini rossi dell’Alto Adige: Terlano, Caldaro, Casteler ; Lambruschi e Gutturnio dell’Emilia Romagna. Il rosso Piceno delle Marche , la Vernaccia di Serrapetrona, il Sangiovese dei Colli Pesaresi, il Verdicchio; il Torgiano Rosso dell’Umbria; il Taurasi della Campania; e così altri vini della Sicilia, molto meno i vini di Sardegna.
Ho citato maggiormente i vini rossi perché sono quelli che più ricevono l’attenzione ad essere modificate le uve di base con altre piccole proporzioni di uve di altri vitigni per correggere il colore, la tannicità, l’acidità di cui i bianchi non hanno molta necessità . I vini che ricevono un blend risultano migliori di tanti altri mono vitigno, con dovute eccezioni, perché un’uva di un singolo vitigno difficilmente potrà contenere tutte quelle componenti caratteristiche per elevare un vino alle migliori qualità sensoriali e gustative. Ogni uva ha caratteristiche diverse, buone e negative che vengono compensate dalla magistrale capacità di miscelazione di bravissimi enologi di cui l’Italia si fa oggi un vanto mondiale, portando la notorietà dei nostri migliori vini in tutto il mercato del mondo, seguendo metodologie già usate anche per i grandi vini francesi come il Bordeaux di notorietà mondiale: (Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot ).
Poi ci sono i mono vitigni che in questi ultimi anni sono diventati una moda, specie fra il consumatore giovane, vedi il risultato del Nero d’Avola, che si può definire di mono vitigno anche se è permesso l’aggiunta del 20% di Pericone (altro vitigno locale).
Io, romagnolo, apprezzo infinitamente bere Sangiovese con molti piatti della nostra cucina, il Sangiovese è un mono vitigno classico, vitigno molto esteso in tutta la nazione e fa da base a tanti altri vini nazionali, per il piacere del mio palato il Sangiovese, quello buono e giovane, è insostituibile perché è fresco, beverino, non troppo alcolico e di facile abbinamento, infatti, evito, per tutti i pasti, il “Riserva” di gradazione più alta e più impegnativo. Benché siano prevalenti e apprezzati i vini monovitigno in Romagna, anche il Sangiovese quasi tutte le migliori cantine negli ultimi anni cercano di renderlo ancora migliore, aggiungendo uve diverse raggiungendo migliore qualità adatti per un mercato in espansione. Così facendo vengono a meno alle regole dei disciplinari, e per poterlo fare declassano il loro vino a IGT per permettersi le variazioni dell’uvaggio.
Peppino Manzi
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